lunedì 25 giugno 2012

“Bambini mischiati”, una nuova comunità


A seguito delle polemiche sorte attorno alla preghiera itinerante della comunità musulmana di Renate e dei comuni limitrofi, abbiamo deciso di andare a parlare con i responsabili dell’associazione La Pace, che da anni gestisce la moschea di Renate. Ci ha accolto Aziz Lakraidi, presidente dell’associazione, con cui abbiamo avuto l’opportunità di riflettere sul problema della sala di preghiera, ma anche sul fenomeno più ampio dell’immigrazione. Per parlare di Islam, di comunità, di integrazione e di speranza.

C: Come prima cosa, volevamo chiedervi di cosa si occupa la vostra associazione, in che comuni siete residenti e da quali paesi venite e soprattutto quali sono le attività culturali che organizzate.

Stiamo cercando di integrarci nella cultura italiana in modo corretto, in modo giusto, senza però staccarci dalla nostra cultura, che è l'Islam.

La maggior parte della gente dell'associazione, diciamo il 98%, viene dal Marocco, ed è residente a Briosco, Verano, Giussano, Nibionno, Renate, Besana, Cassago. Noi, in questo locale, insegniamo ai bambini la lingua araba, così che, in futuro, chissà, se i nostri bambini tornano in Marocco, non trovino il problema di aver perso la lingua madre. Noi insegniamo la nostra lingua, che è sempre quella italiana, e in più quella araba. I bambini stanno studiando la cultura islamica al modo della comunità europea.

Ci mostra dei libri di arabo per bambini, con il logo della comunità europea al centro della copertina

C: Ci sono tanti bambini che seguono questo corso?

Sì, bambini mischiati, dal Congo, dal Senegal, dalla Somalia, bambini egiziani, tunisini, algerini, in totale saranno 60. Divisi in due classi, da 30 ciascuno.

C: Il motivo per cui abbiamo deciso di organizzare quest'intervista è la polemica che è nata riguardo alla sala di preghiera e alla preghiera itinerante che avete fatto prima davanti al comune di Renate, poi al centro sportivo di Besana. Volevamo chiedervi di spiegare il senso di questo gesto.

Questa associazione, che raccoglie la comunità musulmana, è nata nel 1999, e da allora hanno sempre pregato, senza problema. L'ex presidente ha fatto la richiesta di cambio di destinazione della sala, ad uso culturale, già nel 2004. Ora che ci hanno fatto il condono, possiamo stare massimo in trenta. All'inizio ho scelto di chiudere il locale e basta. Se no al primo venerdì arriva il vigile, fa la multa e chiudono il locale.

Al primo venerdì la gente è rimasta fuori, al secondo venerdì la gente è andata davanti al comune. Non per fare la preghiera, solo per parlare. Però non so com'è andata, poi la gente ha pregato. Non sarebbe dovuto succedere, però è capitato, nessuno è perfetto.
Poi io ho parlato col maresciallo dei carabinieri per i venerdì successivi, per la preghiera. Il maresciallo ha parlato direttamente col sindaco di Besana, ha parlato con il prefetto. Lui mi ha detto: “guarda ho parlato con il maresciallo, andate là a pregare”. Avevo la sua parola. Ho chiesto: “maresciallo, mi dà almeno due righe scritte?”, lui ha detto “guarda, sono responsabile io”.
E basta. Dopo sono tornato a casa e ho cercato una soluzione, perché ho visto che il problema è uscito dalla nostra strada. Ha cominciato la lega nord, eccetera. Allora meglio tenere le cose in ordine. Ho scelto di fare i gruppi.

Questa scelta è un po' pesante per me. Prima cosa perché la gente non è abituata a fare i gruppi. Da 13 anni la gente prega in un modo, cambiarlo è difficile.

C: Quindi adesso vi siete divisi per turni?

Sì, sì, 30 alla volta. Io controllo sempre, non bisogna superare, perché sono responsabile, non voglio fare casini. La comunità musulmana rispetta le regole, anche se è un peso.

J: Hai detto che siete in 120?

Normalmente siamo più di 200. Quando ho fatto i gruppi il 40% è andato in altri comuni, a Costa Masnaga. Saranno 120-150 le persone che vengono ora.

C: Ma questa è una soluzione temporanea? Volete continuare a portare avanti la richiesta di un altro spazio?

La comunità non può andare avanti così. Secondo la nostra religione, venerdì non puoi dividere la preghiera in 4 o 5 parti. Durante la settimana non abbiamo problemi, perché non è obbligatorio pregare alla moschea. Puoi pregare anche nella tua casa. Però venerdì è un'altra cosa, viene tutta la comunità.

Poi si creano anche problemi di lavoro. La maggior parte sono operai, noi abbiamo quella oretta [di pausa pranzo, ndr] da mezzogiorno all'una, non facciamo in tempo.
Adesso aspettiamo la soluzione dei sindaci della zona.

C: Quindi servirebbe uno spazio più grande, o almeno più spazi nei vari comuni.

Speriamo. Però anche uno spazio a rotazione nei vari comuni non va bene. Questo venerdì a Veduggio, l'altro a Besana.. è pesante, veramente. Vorrei che qualcuno dei sindaci ci desse uno spazio, un giardino, un parcheggio, un centro sportivo. Non è per sempre: magari un giorno compreremo un pezzo di terra, un capannone.

C: Ma creare invece una sala di preghiera permanente in ogni comune, potrebbe essere una soluzione?

Se tutti i sindaci vogliono, per non prendere la colpa, [di concedere uno spazio adeguato?, ndr] ogni comune può fare una comunità piccola. Però secondo me non va bene. Per essere una cosa libera, il presidente di un'associazione deve controllare la gente che entra. Noi siamo in 5 attivi nell'associazione, se ci dividiamo in 6 o 8 chi controlla le persone? È difficile gestirla. Perché il mondo è cattivo e bravo, te lo dico, i musulmani non sono perfetti, però almeno noi controlliamo, facciamo fare bella figura ai musulmani.

Poi, se si fa il calcolo che a Besana ci sono 30 famiglie e si decide di dare un locale per 30-40 persone, non sarà abbastanza, dato che nella famiglia musulmana ci sono 5 o 6 persone per un totale di 150. Se si parla di Renate è peggio perché lo sanno tutti che ci sono più di 50-60 famiglie di extracomunitari. Anche se tieni in conto 200 persone, saranno 300-400, senza contare le donne. Perché qui pregano solo gli uomini, non c’è uno spazio per le donne o per i bambini.

J: Ma le bambine vengono a scuola?

Sì, sì, certo, vengono anche alla moschea, ma non c’è spazio.

C: Questa questione della sala di preghiera ha messo in luce il problema dell’integrazione e della convivenza tra persone di cultura e religione differente. Cosa direste per affrontare la diffidenza che a volte emerge nei confronti della religione musulmana? Cosa può dirci l’islam sul tema dell’integrazione?

L’islam dice che tu in questo paese devi rispettare le regole, ed è quello che ho fatto io [per la sala di preghiera, ndr], però nello stesso momento ho cercato di andare avanti per risolvere il problema. Non si deve andare di fronte al comune a pregare, non va bene, la comunità musulmana ha sbagliato, nessuno è perfetto. Sicuramente in futuro parleremo con il sindaco e il prefetto per risolvere il problema.

J: Il problema è che a volte la diffidenza della gente dei paesi della zona nasce anche dal fatto che non si conosce cos’è l’islam e dunque si hanno pregiudizi.

Hai ragione, ma la comunità è stata in questi 6 comuni dal 1990 fino ad adesso, e non credo che abbia dato una bella immagine, se no adesso avremmo trovato la strada libera. Perché dal 1990 la comunità si sarebbe dovuta muovere, andare a bussare alle porte, integrarsi, parlare con il prefetto, con i sindaci.

La gente all’inizio non è venuta qui per queste cose, per la cultura, per creare scuole di arabo, non era questa l’idea. Sono venuti qui per lavorare. Si pensava: “io non posso perdere neanche una mezz’ora di lavoro”. Per questo siamo stati chiusi così per dieci anni. La gente aveva l’idea di lavorare, raccogliere un po’ di soldi e tornare, ma l’idea è sbagliata, la situazione è cambiata. Non voglio parlare per tutti i paesi, parlo per i marocchini: il 90% è qui con le mogli e i bambini, e ormai in Marocco si torna solo per 20 giorni nelle vacanze. Allora diventa obbligatorio aprirsi, qui, anche per il pubblico italiano.

Noi non ci fermiamo, andiamo avanti per integrarci, in modo libero, in modo giusto nella cultura italiana, perché abbiamo i bambini qua. Vogliamo stare tranquilli per i nostri bambini, vogliamo che si integrino nella cultura italiana in modo che ogni persona rispetti anche la loro cultura, allora sicuramente il futuro sarà qualcosa di bello. Si potrà organizzare la scuola di arabo - “puoi venire anche tu a imparare l’arabo, se vuoi!”, ci dice - trovare un aiuto da chi sa la lingua perfettamente, e uscire fuori, fare magari una mangiata, una festa, cucinare il cous cous. Almeno la gente si avvicina e vede come viviamo, per integrarsi bene. Si potrò invitare per esempio il sindaco di Veduggio, il parroco di Besana, per far vedere una cultura musulmana aperta, in modo moderno.

Speriamo che ci sarà questa possibilità in futuro. È più facile per quelli che sono nati qui, nelle scuole sono mischiati, cultura italiana, cultura musulmana. I nostri bambini sicuramente non troveranno problemi con gli italiani. Io vedo che le cose sicuramente in futuro saranno belle.



a cura di Claudia Spinelli e Jacopo Margutti

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